L’intestino è il più vasto apparato del corpo umano e filtra tutto quello che ingeriamo. Le malattie che lo riguardano sono sempre più diffuse, anche a causa del diffondersi tra la popolazione di comportamenti nutrizionali errati, di abuso di farmaci e anche dello stress. Ecco le patologie più comuni e gravi.
Il centro della nostra salute
È successo a tutti. Un periodo di lavoro intenso è accompagnato da forti bruciori di stomaco, difficoltà a digerire e tensione addominale. Da che cosa possono dipendere tutti questi disturbi? I motivi non sono ancora completamente noti, ma pare che buona parte della sintomatologia possa dipendere dal sistema nervoso. In parole semplici, gli stimoli esterni arrivano al sistema nervoso centrale, quello responsabile delle azioni e del pensiero. Tra quest’ultimo e il sistema nervoso autonomo, che controlla il funzionamento degli organi interni e dei vasi sanguigni indipendentemente dalla nostra volontà, ci sono zone di collegamento. Una di queste si trova proprio sotto il cervello ed è l’ipotalamo, cui afferiscono e da cui partono tutte le fibre nervose, sia del sistema nervoso centrale sia di quello autonomo. Pertanto, uno stato di nervosismo, dal cervello passa al talamo, che a sua volta lo comunica agli altri organi del corpo, in primis all’intestino, scatenando un vero e proprio disturbo che non è sempre lo stesso per tutti. Ogni persona, infatti, ha i suoi punti deboli, cioè parti del corpo più predisposte ai malanni o a particolari disturbi.
Cosa fa il medico
Qualunque sia la causa che ha provocato questi sintomi, non bisogna trascurarla: prima la si affronta, prima si risolve il disturbo. E questo vale sempre, anche e soprattutto quando è dovuta a un problema della mente. Innanzitutto, è importante rivolgersi al proprio medico di famiglia o allo specialista più adatto a curare il quadro sintomatologico di cui si soffre. E durante il colloquio, è bene riferire senza inibizioni anche i propri problemi personali, così da aiutare il medico a fare la diagnosi più corretta. Oltre alle cure con i farmaci, a volte è necessario anche sottoporsi a esami, soprattutto per escludere patologie a organi importanti. Infine, va detto che oggi fanno la loro comparsa negli ospedali un numero sempre maggiore di veri e propri centri per la cura dello stress. Per scoprire quale è quello più vicino, è sufficiente telefonare ai centri ospedalieri cui normalmente ci si riferisce.
Il ruolo dello stress
Da sempre, siamo è alla ricerca di quiete e di serenità, condizione che nella società odierna è però spesso impossibile. Vivere in uno stato di continua tensione ha una serie di effetti negativi non soltanto sulla psiche, ma anche sul fisico. Per questo motivo, negli ultimi anni la comunità scientifica ha rivalutato la teoria secondo la quale corpo e mente sono due entità inseparabili. Il cervello e l’intero organismo rispondono agli stimoli esterni di paura o pericolo nello stesso modo in cui l’uomo primitivo reagiva alla vista di un animale feroce. In generale lo stress è una reazione utile per la sopravvivenza, perché in sua presenza il cervello e il corpo raccolgono tutte le energie per reagire. I guai cominciano quando lo stress dura troppo a lungo. In questo caso, le modificazioni che si verificano nell’organismo possono indebolire il sistema di difesa e danneggiare organi e apparati.
La stipsi
La stitichezza colpisce prevalentemente donne e anziani sopra i 65 anni e può anche essere il sintomo di altri disturbi
La stipsi è un problema molto frequente nei Paesi industrializzati: la sua prevalenza è di 10- 20 casi ogni 100 abitanti. Negli adulti è più frequente nelle donne, con un rapporto di 4 a 1, e negli anziani con oltre 65 anni d’età. Una prima distinzione va fatta tra stipsi secondaria e stipsi essenziale. La stipsi si definisce secondaria quando è dovuta alla presenza di altre malattie o situazioni, come disturbi a carico delle ghiandole (pancreas o tiroide), problemi gastrointestinali (tumori) o alterazioni ormonali in gravidanza. Inoltre, può essere dovuta ad assunzione di alcuni farmaci (antispastici, antiipertensivi, oppioidi, antidepressivi); a disturbi neurologici a carico del sistema nervoso centrale; ad alterazioni metaboliche (intossicazione da piombo); a fattori psicologici (depressione) e dietologici (disturbi dell’alimentazione come anoressia e bulimia), dieta senza fibre e allettamento prolungato. A volte, la stipsi secondaria può essere solo un sintomo, che rivela la presenza di malattie a carico del colon, come polipi, aderenze infiammatorie, tumori o lesioni che causano un’ostruzione e, quindi, difficoltà a evacuare.
Cause
Sono dovute principalmente a una dieta fatta di pasti veloci, con poche fibre e liquidi, associati a una vita sedentaria. I muscoli dell’intestino, a riposo, perdono tono, si rilassano e non sono più in grado di espellere le feci (specie negli anziani). Anche alcuni farmaci possono causare il problema, come analgesici, ansiolitici, antipertensivi, sedativi della tosse, lassativi e antibiotici. Il rischio in gravidanza, invece, è dovuto al progesterone, ormone che agisce da sedativo della muscolatura intestinale.
La stipsi essenziale
Si definisce essenziale quando sono state escluse le cause dovute a stipsi secondaria e dopo aver sottoposto la persona ad accertamenti prescritti dallo specialista. Prevede la presenza di almeno due dei seguenti disturbi, per almeno tre mesi, in almeno il 25% delle evacuazioni (quando sono state escluse ostruzioni del tratto gastrointestinale o cause secondarie di stipsi, e senza assunzione di lassativi):
- due o meno evacuazioni a settimana;
- necessità di forzare la defecazione;
- feci dure o a forma di pallina;
- espulsione dolorose e/o difficoltose;
- sensazione di evacuazione incompleta.
La stipsi essenziale può essere, a sua volta, suddivisa in stipsi da defecazione ostruita e in stipsi da rallentato transito. La prima è dovuta alla mancata coordinazione dei muscoli del pavimento pelvico, la zona compresa tra l’ombelico e il pube. In pratica, chi ne soffre non è in grado di imprimere la giusta spinta a livello retto-anale. Tale condizione e lo sforzo che ne consegue determinano un’alterazione di alcuni organi che provocano la fuoriuscita della parte finale di intestino o altre anomalie del retto, che devono essere curate con un intervento chirurgico. Altre volte, l’incapacità può essere dovuta a lesioni dei nervi e/o dei muscoli che servono alla defecazione; a lesioni presenti già alla nascita (morbo di Hirschprung), oppure secondarie ad altri problemi, come in seguito a parti difficoltosi. I sintomi della defecazione ostruita sono: frequenza di evacuazioni aumentate o normali, ma con necessità di forzare l’evacuazione nonostante uno stimolo adeguato; difficoltà a espellere anche feci morbide e senso di ostruzione o di incompleta evacuazione. Spesso, l’incoordinazione motoria neuro-muscolare può essere corretta da una cura medica e, se necessario, associata a fisioterapia del pavimento pelvico. La stipsi da rallentato transito è dovuta a una riduzione dell’attività della muscolatura del colon. Ad eccezione dei casi più seri, che talvolta necessitano dell’intervento chirurgico, in genere la cura medica riesce a risolvere il problema anche quando la risposta ai più potenti lassativi non provoca alcun effetto.
Prudenza con i farmaci
Prima di ricorrere ai farmaci, è bene sottoporsi a una vista gastroenterologica, per valutare se sia il caso di ricorrere a esami specifici. Se il disturbo è funzionale, non secondario a malattie, occorre cercare di modifi care le abitudini alimentari e di vita, cambiando la dieta e assumendo ritmi più tranquilli e meno stressanti. Se il medico lo ritiene opportuno, si possono prendere i lassativi.
Nei bambini
La stipsi può colpire anche i bambini, a volte per problemi di alimentazione e di intolleranza al lattosio. In questi casi, il pediatra proverà a cambiare il tipo di dieta, a ricorrere a microclismi o a proporre una cura medica, in genere dopo aver sentito il gastroenterologo. Sino ai tre anni, la stipsi può anche essere dovuta a problemi psicologici. Per esempio, se si toglie il pannolino troppo presto e il piccolo non ha ancora imparato a contenersi, si può avere un blocco delle funzioni intestinali. Prima di farlo sedere sul vasino, è bene che mamma e papà verifichino che abbia imparato a controllarsi. Anche la mancanza di fibre nella dieta può innescare il problema, poiché i bambini non amano mangiare verdure e frutta.
Colon irritabile
Anche se è una malattia benigna, è comunque in grado di condizionare la qualità di vita di chi ne è affetto
La sindrome del colon irritabile può interessare chiunque, indipendentemente dall’età e dal sesso. Tuttavia, essa colpisce più spesso le persone emotive o quelle che hanno uno stile di vita frenetico e stressante. È dunque più diffusa nelle società industrializzate, dove ne è affetto il 15% circa della popolazione. Le cause vanno ricercate in vari fattori: genetici, alimentari, ambientali, psicologici (ansia-depressione), immunitari e ormonali. Alla base dei disturbi vi è un aumento della sensibilità del colon che diviene “irritabile” nei confronti degli stimoli esterni, oltre a un’alterazione dello svuotamento intestinale.
Diagnosi
Si può parlare di sindrome dell’intestino irritabile quando sono presenti tre sintomi principali: dolore o fastidio, presente da almeno tre mesi, soprattutto durante il giorno, che si riduce con l’eliminazione di feci e gas; alterata eliminazione delle feci (stitichezza o diarrea, oppure stitichezza alternata a diarrea) a volte associata a presenza di muco; eccessiva produzione di gas intestinali, con distensione dell’addome e fastidiosi rumori intestinali. La diagnosi è clinica, cioè non la si ottiene con esami di laboratorio o strumentali, ma soltanto sulla base dei sintomi lamentati dal malato e dai riscontri ottenuti durante la palpazione dell’addome, che in genere evidenzia un colon contratto e dolorabile. Tuttavia, bisogna precisare che a volte non è possibile diagnosticare la sindrome dell’intestino irritabile sulla sola base dei sintomi escludendo altre malattie benigne o maligne del colon, ma si deve sottoporre il malato a esami come la colonscopia o la radiologia. Un dolore all’addome o un’alterazione nell’evacuazione delle feci che ha fatto la sua comparsa per la prima volta dopo i 50 anni, devono necessariamente essere indagati con la colonscopia.
Alimentazione
Anche se è difficile guarire definitivamente dalla sindrome del colon irritabile, è stato osservato che con il tempo le crisi diventano sempre più rare e gli episodi meno dolorosi. Infatti, il malato impara a riconoscere e a evitare tutto quello che è dannoso per il proprio intestino, in particolare per quanto riguarda l’alimentazione. I principali consigli per un’alimentazione corretta sono due: “riempire” il colon con fibre per ridurne la spasticità e per favorire una facile eliminazione di feci e gas; ridurre il gonfiore addominale, eliminando tutti quegli alimenti che favoriscono la sua comparsa. Tra questi, ci sono soprattutto i legumi e alcuni vegetali (carciofi , cavoli, cavolfiore, verza, cipolle e, in minor misura, patate e melanzane), oltre alla frutta eccessivamente matura o zuccherina (fichi, uva, cachi, albicocche). Tra i vegetali vanno preferiti Non solo farmaci i finocchi, le verdure amare e la rucola, mentre tra la frutta è bene mangiare mele e pere. A volte, la sola corretta alimentazione non è sufficiente a eliminare il disturbo, per cui è necessario intervenire caso per caso con farmaci contro la spasticità del colon o che regolano lo svuotamento dell’intestino. Inoltre, oggi si fa ampio utilizzo dei probiotici, che introducono nell’intestino miliardi di batteri vivi (come lattobacilli e bifidobatteri), in grado di regolarizzare lo svuotamento del colon e di ridurre il gonfi ore addominale.
La rettocolite
È un’infiammazione della parete interna del colon, che può interessare tutta questa parte di intestino o solo alcuni tratti.
Il disturbo interessa uomini e donne, soprattutto tra i 20 e i 40 anni. La malattia si manifesta con dolore all’addome, diarrea e feci sanguinolente. Nei casi seri può comparire febbre, stanchezza e anemia da carenza di ferro. Che cosa causi la malattia non è completamente noto. Come nel caso della malattia di Crohn, vi è una componente ereditaria. La predisposizione genetica, infatti, determina una reazione a certe sostanze presenti nel materiale fecale. Per diagnosticare la malattia, si sottopone il malato a una colonscopia associata a biopsia.
Come si cura
Negli attacchi più lievi, nelle fasi acute e di remissione, il farmaco più importante è l’acido 5-aminosalicilico, somministrato per bocca o per clistere. Effi caci sono anche i cortisonici a basso assorbimento. Nelle forme più aggressive vengono utilizzati i cortisonici, somministrati per bocca, gli immunosoppressori e i farmaci biologici simili a quelli usati per la malattia di Crohn. Soltanto nei casi molto seri, è necessario il ricovero e a volte l’asportazione chirurgica del colon.
I polipi
Sono formazioni più o meno piccole che protrudono all’interno dell’intestino, soprattutto nel colon e nel retto.
In genere, i polipi non danno segni della loro presenza fino a quando non diventano voluminosi. A tal punto, in genere, il sintomo più frequente e che più deve allarmare il paziente è la presenza di sangue nelle feci, che però non rappresenta una diagnosi certa. Queste formazioni sono inizialmente benigne, ma con il tempo possono evolvere in tumori maligni. La trasformazione può impiegare un tempo più o meno lungo in base alle loro caratteristiche morfologiche e istologiche. Per scoprire la presenza di polipi, ci si può affidare alla ricerca del sangue occulto nelle feci o a esami più invasivi, che danno maggiori sicurezze. L’esame endoscopico tradizionale consente uno studio accurato di tutta la mucosa colica e inoltre permette di effettuare biopsie per la valutazione istologica e anche di asportare i polipi effettuando così una vera prevenzione dei tumori del colon.
Quando sono troppo grandi
Oggi, con le tecniche attuali,è difficile che non si riesca ad asportare un polipo per via endoscopica; ma di fronte a situazioni particolari, come un polipo piatto di dimensioni “esagerate” o di fronte a una degenerazione neoplastica della formazione stessa, per cui il trattamento endoscopico non garantisce la guarigione al 100%, si può ricorrere al trattamento chirurgico, che può essere laparoscopico o tradizionale, per resecare il tratto di intestino interessato e garantire quindi al nostro paziente una sicurezza assoluta.
I controlli periodici
Nei familiari dei pazienti affetti da polipi o da tumori intestinali è bene non aspettare i sintomi, ma è consigliabile sottoporsi a controlli periodici preventivi che dovrebbero iniziare a 40 anni, o comunque 10 anni prima dell’età in cui venne effettuata diagnosi al proprio familiare di primo grado, con una periodicità di 5 anni. Chi invece ha subito l’asportazione di uno o più polipi, dovrà attenersi a un calendario di controllo che verrà stabilito insieme al curante, in base al numero dei polipi e alle loro caratteristiche istologiche.
I diverticoli del colon
Sono piccole sacche che si formano all’esterno del colon per il cedimento di alcuni punti della sua parete
Con il termine “diverticolosi” s’intende la semplice presenza dei diverticoli in assenza di sintomi. Quando i diverticoli si complicano per l’insorgenza di un’infiammazione (diverticolite), perforazione o emorragia, si parla di “malattia diverticolare”. Pur potendo interessare l’intero colon, i diverticoli si localizzano più frequentemente nella parte inferiore sinistra del colon (sigma).
Sintomi
I sintomi sono comuni a quelli della sindrome dell’intestino irritabile: dolore nella parte inferiore e sinistra dell’addome, gonfi ore e stipsi. Altre volte, invece, la malattia si manifesta con sintomi acuti, come in caso di emorragia o diverticolite, che richiedono un trattamento d’urgenza e spesso un ricovero ospedaliero. L’esame che più frequentemente permette di scoprire la presenza di una diverticolosi è la colonscopia. Anche l’ecografi a può evidenziare i diverticoli, mentre la Tac è utilizzata soprattutto nella fase di diverticolite acuta.
Cause
La formazione dei diverticoli è causata dalla pressione che si esercita su particolari punti deboli della parete del colon che, cedendo, si estrofl ettono verso l’esterno. I fattori che più spesso facilitano la comparsa dei diverticoli sono soprattutto un’alimentazione povera in fi bre, prevalentemente a base di cibi raffi nati, proteine e grassi animali, che non formano una massa nell’intestino, l’obesità e la vita sedentaria. Ecco perché i diverticoli sono un fenomeno molto diffuso nei Paesi industrializzati, dove colpiscono circa un terzo della popolazione con oltre 60 anni di età, mentre sono rari nei Paesi non industrializzati, dove la dieta è ricca in fibre.
Terapia
Poiché la diverticolosi è favorita da un incremento della pressione nel colon e dalla stipsi, l’obiettivo della cura è quello di “creare massa” nel colon con l’introduzione di fibre con la dieta o con l’assunzione di crusca (20/30g al giorno) o di mucillagini (agar, psyllium). Nei casi acuti il medico prescrive antibiotici.
La malattia di Crohn
Scoprirla non è semplice. La diagnosi si fa attraverso la colonscopia e lo studio dell’intestino tenue
È un’infiammazione cronica che può interessare vari tratti dell’apparato digerente, anche se quelli più colpiti sono il colon e l’intestino tenue, le cui pareti diventano più spesse, la mucosa interna si ulcera, formando talora ascessi che possono essere curati con un intervento chirurgico. I sintomi dipendono dalla sede della malattia. Quando colpisce il colon, si hanno dolori addominali, diarrea, frequentemente ragadi e fi stole anali. A volte, i sintomi sono associati a febbre, lesioni cutanee, con infi ammazione delle articolazioni. Tra un attacco e l’altro possono passare anche anni, ma con il progredire della malattia possono verifi carsi restringimenti e occlusione intestinale, fi stole e ascessi interni. Anche se le cause sono ancora sconosciute, si sa che essa compare soprattutto tra le persone con età compresa tra i 15 e i 35 anni. Esiste una predisposizione ereditaria alla malattia che altera la risposta dell’intestino alla fl ora batterica intestinale e, forse, anche ad antigeni alimentari.
I farmaci più usati
La cura non assicura una guarigione defi nitiva, ma è importante per tenere sotto controllo gli attacchi acuti. Tra i farmaci più usati c’è il cortisone, da somministrare sotto stretto controllo medico. Spesso viene impiegato, seppur con risultati modesti, anche l’acido 5-aminosalicilico, quasi privo di effetti collaterali e che, quindi, può essere preso anche per lunghi periodi. Più potenti sono i farmaci che intervengono riducendo le eccessive difese immunitarie, come le tiopurine e i cosiddetti farmaci biologici, al momento utilizzati nelle forme più aggressive.
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