Come scegliere il locale?
Diffida dei locali cino-giapponesi. In genere si tratta di ex ristoranti cinesi riconvertiti in tutta fretta per assecondare il mercato. Scegli un sushi bar autentico, con uno chef nipponico: i giapponesi sono molto scrupolosi nella scelta delle materie prime e nel rispetto delle norme igieniche. Per non sbagliare, preferisci i locali segnalati dall’Associazione italiana ristoratori giapponesi (ristoratorigiapponesi.it). Oppure cerca su internet quelli con il marchio della Jro (Organization to promote japanese restaurants abroad), ente che rilascia una certificazione di qualità ai sushi bar.
Ci sono piatti a rischio?
Sì. Sushi, sashimi, uramaki… tutti i piatti a base di pesce crudo sono a rischio infezioni: possomo contenere, per esempio, larve di anisakis, un verme che provoca seri problemi di salute. La legge prevede che i locali in cui lo si serve siano dotati di abbattitori di temperatura che in pochissimo tempo uccidono il parassita senza intaccare la fragranza delle carni. Tuttavia un’indagine condotta da Altroconsumo su 19 sushi bar di Roma e Milano ha scoperto che solo 3 effettuavano il congelamento rapido. Tieni presente che le larve di anisakis sono ben visibili a occhio nudo, quindi fai tu stessa una verifica.
Cosa contengono le salse?
La salsa di soia sta bene su tutti i piatti ma è ricca di glutammato di sodio, che può favorire il mal di testa.
Il wasabi è una pasta di colore verde ottenuta da una radice simile al rafano. Oltre a dare una nota piccante ai piatti fornisce anche tanta vitamina C.
Lo zenzero sottaceto a pezzetti si usa in genere per insaporire il riso, ma puoi anche tenerlo per il fine pasto: è digestivo e aiuta a smorzare il sapore di pesce.
Ci sono garanzie sulla qualità del pesce?
In un ristorante giapponese non è facile capire se il pesce servito è davvero fresco perché hai a che fare con filetti già pronti, magari ben nascosti all’interno di un rotolino di riso, come nel caso dell’uramaki o del sushi. Tieni d’occhio però questi elementi. In generale i filetti di pesce fresco sono sodi, saporiti, mai asciutti. Il colore non deve virare sui toni del grigio, deve essere brillante e naturale (un tonno troppo rosso, per esempio, potrebbe essere stato trattato con monossido di carbonio, che è antibatterico). L’odore deve essere delicato, di mare, mai forte o sgradevole. Per quanto riguarda la provenienza del pesce, invece, puoi stare tranquilla. Tutti gli alimenti che arrivano in Europa, compresi quelli etnici, sono supercontrollati e rispondono a precise norme igienico-sanitarie. Per essere chiari: non corri il rischio di mangiare tonno che arriva da Fukushima!
Un menu completo può costare solo 10€?
Il pesce di qualità si paga. Moltissimi sushi bar propongono la formula dell’all you can eat: il prezzo è fisso e puoi mangiare quanto vuoi. In questo caso una cena non dovrebbe costare meno di 20 euro, bevande escluse (15 euro per il pranzo). Se c’è il nastro trasportatore può capitarti, invece, di veder girare piatti con colori diversi a seconda del contenuto (sushi, sashimi, uramaki e così via): a ciascun colore corrisponde un prezzo differente. Consumi, accumuli i piatti e poi ti fanno il conto. In linea di massima una porzione di solo pesce crudo (il sashimi) la devi pagare almeno 5 euro, gli involtini di riso e pesce (il sushi) intorno ai 4, gli hosomaki (rotolini di alghe e riso con ripieno) circa 3 euro l’uno.
È vero che anche il riso può causare infezioni?
Sì, lo sanno in pochi ma l’amido del riso, dopo la cottura, può produrre il Bacillus cereus, un batterio in grado di provocare un’importante intossicazione alimentare. Questo può accadere se i chicchi vengono lasciati raffreddare a temperatura ambiente. Per evitare questo rischio, il raffreddamento deve essere rapido e il riso va passato subito nell’acqua corrente ghiacciata e poi acidificato con sake o aceto di mele, proprio come fanno gli chef giapponesi. Un motivo in più per puntare sui sushi bar autentici.
Il sistema dei piatti sul nastro trasportatore è igienico?
Sì, a condizione che le pietanze siano protette da appositi coperchi. E che i piatti non siano lasciati a girare sul rullo per molto tempo. Purtroppo non esistono norme precise che regolino i tempi di esposizione dei cibi, ma nei locali giapponesi doc si può stare tranquilli perché si fa grande attenzione all’igiene.
La cucina giapponese è light?
Dipende! Certo non ingrassi mangiando pesce crudo e alghe essiccate (ricche di iodio, stimolano il lavoro della tiroide e attivano il metabolismo), però nel sushi c’è anche tanto riso. Se scegli la formula dell’all you can eat (cioè puoi mangiare quanto vuoi) rischi di consumare molti carboidrati che alzano la glicemia e ti fanno metter su peso. Se poi ordini gli altri piatti della tradizione giapponese, come udon (gli spaghetti di grano) e tempura (gamberi o verdure pastellati e fritti) di dietetico nel tuo menu c’è ben poco. Se invece riesci a regolarti e abbini bene gli ingredienti, la cucina nipponica può rappresentare un’ottima opportunità per la linea: con qualche involtino di sushi o un piatto di chirashi (una coppa di riso al vapore e pesce crudo) ti assicuri proteine, carboidrati e grassi (quelli del pesce) nelle giuste proporzioni e stai alla larga dalle cotture elaborate.
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